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Parigi 2024, il trampolino verso nuovi obiettivi: intervista al lunghista Marco Cicchetti

2024-11-01 20:50

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Parigi 2024, il trampolino verso nuovi obiettivi: intervista al lunghista Marco Cicchetti

Atleta paralimpico che si distingue nel salto in lungo, partecipando a competizioni di alto livello. Ha rappresentato l'Italia in eventi come i Campionati Europei e i Giochi Paralimpici di Tokyo 2020/21 e Parigi 2024, Marco Cicchetti è conosciuto non solo per le sue abilità atletiche, ma anche per il suo spirito combattivo e la sua determinazione, che gli hanno permesso di affrontare le sfide della vita con lo sguardo sempre rivolto verso il futuro. La sua carriera è caratterizzata da risultati significativi nel salto in lungo T44 in seno alla FISPES (Federazione Italiana Sport Paralimpici E Sperimentali) e con la propria testimonianza ha contribuito a diffondere la consapevolezza sullo sport paralimpico in Italia. Lo abbiamo intervistato.


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Chi è Marco Cicchetti, oltre l'atleta paralimpico?



“Sono un sognatore, uno con la testa un po' tra le nuvole, ma questo mio atteggiamento mi ha permesso di avere sempre obiettivi abbastanza alti. Alcuni di essi li ho raggiunti e sono molto felice di questo, ma vorrei coltivare maggiormente la mia passione per l'arte, l'illustrazione nello specifico. L'arte la riporto un po' anche nella vita di tutti i giorni, sport comprenso, perché mi permette di vedere le cose in maniera diversa”.



Tu, quindi, ti occupi anche di arte o ci lavori?



“Ancora no, ma un giorno, al termine della mia carriera come atleta, spero di poter switchare verso questo ambito e perché mi piace davvero molto. Ultimamente ho notato di avere un interesse particolare nella rappresentazione della natura, degli animali in quanto proprio gli animali possono rappresentare le varie sfaccettature della vita e dell'uomo e la sua indole più profonda.



Parlando dell'esperienza Parigi, la tua prestazione nel salto in lungo (6,63) che ti è valsa l'8° posto ti ha soddisfatto e, se no, cosa pensi vada migliorato?



“La mia prestazione, seppur buona e seppur la gara fosse stata bellissima, non mi ha soddisfatto del tutto. Rientrare tra i primi 8 dopo tutti questi salti non era scontato, però c'è del potenziale inespresso in me, posso dare di più. Sono consapevole del fatto che devo lavorare su dei lati di me che riguardano non soltanto la sfera fisica, ma anche quella psicologica. Credo, infatti, che l'aspetto mentale rappresenti metà dell'atleta, non va mai trascurata e bisogna prendersene cura”.



Quando parli di aspetto mentale, nel tuo caso, quale pensi sia l'aspetto che dovresti potenziare?



“Sicuramente imparare a non distrami, concentrarmi maggiormente e portare la concentrazione a mio vantaggio. Sapere di avere gli occhi addosso del pubblico durante una gara così importante come una Paralimpiade, sicuramente mi mette un po' sotto pressione, ma anche una grandissima carica. Ho visto, come tutti i colleghi, la differenza abissale tra l'esperienza di Tokyo e quella di Parigi e devi saper gestire questa energia perché è molto forte, ti arriva dentro e, se non ben gestita, la carica diventa eccitazione e può influire sulla buona riuscita della prestazione”.



Come hai vissuto, invece, il Villaggio Paralimpico insieme agli altri colleghi?



“Mi sono sentito benissimo, sono riuscito a divertirmi e sono uscito un attimo dalla tensione della gara. Un ambiente bellissimo e diverso da quello di un mondiale dove ci sono atleti da tutto il mondo, ma solo per la tua disciplna. Qui c'era tutto il mondo e tutti gli sport, quindi qualcosa di davvero grande ed è stato per me un momento bellissimo da vivere e molto stimolante”.



Prospetttive per Los Angeles 2028?



“Ho molta fiducia in quello che, di fatto, è il mio prossimo obiettivo. Non gli do ancora molto peso, ma so che i prossimi anni saranno un periodo di preparazione verso quel momento. Una Paralimpiade ti fa “svegliare” e maturare molto sotto diversi punti di vista, quindi gli obiettivi diventano sempre più alti ed ambiziosi. Il tempo c'è”.



Una domanda che faccio anche a te come agli altri tuoi colleghi: i fatti di cronaca che vedono giovani vite spezzate a causa del bullismo sempre al centro ci destabilizzano ogni giorno. Secondo te, lo sport può essere uno strumento di sesnsibilizzazione e contrasto a questo fenomeno sia per chi lo fa che per chi lo subisce?



“Assolutamente si, credo possa essere utile per entrambi. Lo sport ti porta fuori da contesti come quello scolastico o familiare dove, magari, si sviluppa una sofferenza e ti permette di liberarti da questi sentimenti negativi. Questo vale sia per chi compie atti di bullismo che per chi li riceve perché lo sport ti porta anche a riflettere e soprattutto meditare, ti permette di studiarti e guardarti dentro, ti aiuta a prendere consapevolezza. Lo sport non discrimina, ma unisce le persone e per questo credo possa essere utile per contrastare fenomeni come quelli di cui si parla, purtroppo, ogni giorno”.




Photo credits: Massimo Bertolini/FISPES


Nelle foto: Marco Cicchetti salto e saluto allo Stade de France



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